7 novembre 2012

The Artist

Come ci si potrebbe sentire se ci si ritrova a guardare un film muto, in bianco e nero, in un cinema-teatro vecchio stile (con il sipario, le poltrone in stoffa e tutto il resto)? Ci si sente semplicemente come Owen Wilson in Midnight in Paris. E bisogna ringraziare il regista Michel Hazanavicius, francese di Parigi, se qualche avido spettatore cinefilo potrà provare queste sensazioni. E’ sua, infatti, l’idea di girare un film muto e in bianco e nero nel 2011, una pellicola che parla (si fa per dire) di un epoca fantastica e di un cambiamento radicale per la storia del cinema. Ed ecco che nasce The Artist.
Si apre il sipario e con un colpo da maestro, Michel Hazanavicius riporta il cinema all’ultimo periodo degli anni ’20, raccontando uno dei cambiamenti radicali per la settima arte e riuscendo in maniera semplice a capire che, in un periodo fatto di 3D, botteghini e blockbuster, c’è ancora qualcuno che ha bisogno di una boccata d’aria… vecchia. Perché con The Artist Hazanavicius dimostra che il cinema può ancora essere arte e non solo moneta. La storia è calibrata perfettamente e c’è sempre qualche colpo di scena capace di ribaltare la situazione e rinnovare l’interesse anche nello spettatore più disattento (forse perché abituato a troppi colori digitali e a troppi effetti speciali). E’ interessante come l’autore non perda mai di vista la contestualizzazione della storia, parlando di cose come la crisi economica causata dal crollo di Wall Street oppure il fanatismo presente in quei tempi nei confronti delle star del cinema. Tutto questo senza mai dimenticare il filo conduttore che tiene legato il tutto: lo scontro forzato tra George e il cinema sonoro. I personaggi non potrebbero essere più azzeccati e il regista ha avuto occhio nello scegliere Jean Dujardin per il ruolo principale con una spalla fantastica e coinvolgente come Bérénice Bejo. Nota di merito va agli intramontabili John Goodman e James Cromwell, che si dimostrano validi nel muto tanto quanto lo sono quando parlano, se non di più (ma è necessario citare il piccolo cagnolino di George, la vera star del film). Non passa certamente in sordina l’imponente lavoro fatto da Ludovic Bource per le musiche, colonna portante del film, assieme ad una sceneggiatura studiata a puntino e ricca di piccole chicche che divertono già dai primi minuti. Non ci si dimentica di una Hollywood già predisposta al guadagno e dipinta come un formichiere indaffarato, di un’arte che era già a cavallo tra il vil denaro e l’espressività degli autori, di una storia simpatica e convincente sotto ogni punto di vista. Ma la cosa più divertente sono i piccoli giochi di parole ideati da Hazanavicius in una divertente gag tra muto e sonoro. Interessante, inoltre, notare come l’autore abbia studiato a puntino le tecniche registiche di quel periodo, modificandole solo leggermente (ad esempio, un montaggio più studiato) per far sì che più persone possibili potessero godere della pellicola, senza però andare a incidere su quel fascino e quella strana sensazione di ritorno al passato che accompagna la visione di tutto il film. Tra sequenze divertentissime, momenti drammatici, battute pungenti e amore per gli inizi del cinema come arte, The Artist è un film che omaggia sicuramente i primi anni della cinematografia, ma è anche un film assolutamente moderno: la crisi economica attuale come quella del ’29, la rivoluzione del 3D come quella del sonoro, il riassestamento di Hollywood dopo tali cambiamenti… Insomma, tanti temi sono portati a confronto (in maniera molto meno diretta) dalla pellicola del parigino sognatore e reminiscente, grato a ciò che fu e speranzoso su ciò che sarà.


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