11 dicembre 2012

Hereafter

Conosciuto come uno dei più grandi attori western che il genere abbia mai conosciuto, Clint Eastwood diventa presto regista e, un film dopo l'altro, riesce ad affinare il suo stile e a trasformarsi in uno dei migliori autori cinematografici ancora in vita. Non si può negare, comunque, che non tutti i suoi film sono degli ottimi lavori ben riusciti, anzi, sembra quasi che ultimamente il buon Clint abbia perso un po' del suo smalto narrativo. Probabilmente l'anzianità e la voglia di realizzare quanti più progetti possibile prima della dipartita hanno influenzato non poco la qualità delle sue ultime opere. Hereafter ne è il più chiaro esempio, uno dei lavori dell'ultimo Eastwood capace di dividere i fan tra estimatori e detrattori.
Il film parte in quarta regalandoci una sequenza drammatica incentrata su uno tsunami e sulle vittime di questa catastrofe, girata e impreziosita dallo stile dell'autore tanto da fare impallidire ogni singolo fotogramma di 2012 di Roland Emmerich. Peccato che poi la suddivisione in tre piccole storie di tre differenti personaggi e un ritmo altalenante e mai costante finiscano per fare scivolare lo spettatore all'interno di una noia dalla quale difficilmente, se non si è appassionati dell'autore, si riuscirà ad uscire. Alla fine della visione si sente subito che lo script sarebbe migliorato di molto con un altro paio di riscritture da parte dello sceneggiatore Peter Morgan, Clint ha voluto invece gettarsi subito dietro la macchina da presa e le imperfezioni di scrittura sono rimaste anche a prodotto finito. I dialoghi, ad esempio, suonano spesso banali e poco realistici, e altre volte scontati e retorici, come anche alcuni personaggi secondari (oserei dire anche terziari, vista l'importanza di qualcuno di questi), e questi sono chiaramente dei problemi di script. Non possiamo però non elogiare l'ottimo impatto visivo del film, in particolare la sensazionale fotografia dell'ormai navigato Tom Stern, quasi più autore di alcuni registi con i quali lavora, capace di catturare le emozioni dei protagonisti (tra i quali Matt Damon) grazie ad una lieve ombra in più sul volto degli attori. Il montaggio di Joel Cox e Gary Roach, poi, trasforma le scene lente e potenzialmente indigeste in qualcosa di interessante e a volte mistico, soprattutto per i diversi modi con i quali si affronta la tematica dell'aldilà, misteriosa e attraente per tutti. Non si può, quindi, voler completamente male a questo film, perché ci mette davanti agli occhi tre differenti situazioni drammatiche che potrebbero capitare ad ognuno di noi. I protagonisti di Hereafter ne escono a volte vincitori e a volte perdenti, e nonostante i cali di ritmo Eastwood riesce ad incorniciare il suo lavoro all'interno del suo classico contesto realista e contemporaneo che abbiamo imparato ad apprezzare da metà degli anni '90 fino ad oggi. I personaggi sono naturali e veri, nonostante i dialoghi ripetitivi e scontati, e riescono a trasmettere emozioni importanti anche se per meno tempo rispetto ad altri protagonisti di altri lavori del regista. La ciliegina sulla torta sono le musiche dello stesso Clint Eastwood, minimali e leggere, quasi impercettibili, capaci di accompagnare vivi e morti fino alla fine della storia. Hereafter ha certamente i suoi punti deboli, ma resta comunque uno dei più degni esercizi di stile del 2010, con tanto da raccontare e molte riflessioni da consigliare e, visto che il caro vecchio Clint a suo tempo ci ha regalato ben più di un capolavoro, sono sicuro che i più fieri sostenitori del suo cinema sapranno perdonargli questo leggero scivolone riuscito solo per metà.


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